Siamo congiurati. Non sobillatori. Uomini e donne d’azione, non ideologi della transizione. Persone pubbliche, più o meno note o sconosciute, non consiglieri privati. Gente d’impegno, non spettatori della politica. Ci interessa fare, non maledire, insegnare o giustificare quanto gli altri fanno. Non vogliamo mettere in bella copia un ‘disegno di salvezza’, ma stendere il cobrogliaccio e il calendario di quanto la politica e la polis hanno dinanzi a sé.
Il Manifesto di Ottobre non è il programma di un partito, è un progetto per la politica. Coinvolge persone diverse, che non hanno uguali convinzioni, ma un interesse comune: rinnovare l’impegno come esperimento, misurare il sapere sui fatti. Mettere in gioco, nella discussione pubblica, le verità controverse della conoscenza e la varietà incalcolabile delle opinioni. Per molti di noi destra e sinistra sono categorie desuete, per tutti recinti che non possono essere ritagliati lungo il perimetro e con lo spirito di divisioni novecentesche.
La politica non è il mercato degli interessi e degli umori. E la democrazia non è una forma, tra le tante, di organizzazione del consenso. La politica non è solo governo, ma discorso pubblico e stile di vita. Il collasso definitivo degli istituti di rappresentanza politica disegna un’opportunità, sgombra lo spazio favorendo nuove prospettive di partecipazione.
Individuare nuove linee di frattura e agire tempestivamente, con parole opportune: ci poniamo su questo crinale per ridare scintille di senso all’agire comune, per disegnare inedite contrapposizioni, per restituire incanto alla politica, rendendola capace di mobilitare emozioni e passioni.
Rinnovare concretamente, l’alfabeto, la grammatica, la sintassi della politica per arginare la disaffezione e il cinismo. E restituire cittadinanza ai cittadini: prendere la parola ed entrare in azione, costruire le scelte e determinare le svolte. Per ciascuno di noi e per tutti.